Baruch Spinoza (Amsterdam 1632 – L’Aja 1677) ETHICA ORDINE GEOMETRICO
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Baruch Spinoza (Amsterdam 1632 - L’Aja 1677) ETHICA ORDINE GEOMETRICO DEMONSTRATA (1677)
ETICA: genesi dell’opera Tra il 1660 e il 1661 Spinoza scrive Breve trattato su Dio, l’uomo e il suo bene. La stesura dell’Etica risale a subito dopo, ponendosi in continuità con i temi del Breve trattato: alla fine del 1662 è terminata la prima parte dell’opera maggiore di Spinoza. Tra il 1670 e il 1675, dopo aver scritto e pubblicato anonimamente il Trattato teologico-politico, Spinoza riprende e termina la stesura dell’Etica, che però non viene pubblicata per evitare polemiche teologiche. Nel 1677, dopo la morte di Spinoza, l’Etica viene pubblicata postuma dagli amici del filosofo.
ETICA: struttura e caratteristiche dell’opera L’Etica è divisa in 5 parti: 1) Metafisica (tema metafisico) 2) Teoria della conoscenza (tema gnoseologico) 3) Psicologia e studio delle passioni (tema psicologico/antropologico) 4) La schiavitù umana (temi morali) 5) La libertà umana L’opera ha un fine pratico: la ricerca del sommo bene e l’educazione del maggior numero di uomini a questo. La metafisica, la teoria della conoscenza e la teoria degli affetti sono tutte “strade” che possono condurre, secondo Spinoza, alla beatitudine umana e alla fondazione della morale.
ETICA: struttura e caratteristiche dell’opera L’Etica è caratterizzata da molti riferimenti a Cartesio: Spinoza si sforza di superare il dualismo cartesiano della res cogitans e della res extensa. L’Etica è esposta “secondo il metodo geometrico” euclideo, ossia tramite definizioni, assiomi, proposizioni ( teoremi), dimostrazioni, corollari, scolii. Spinoza impiega tale metodo perché è convinto che il reale sia una struttura “geometrica” e dunque la verità viene interpretata mediante un ordine logicogeometrico.
Etica, parte II: Natura e origine della mente Spinoza si occupa qui di definire una “teoria della conoscenza”, ossia cerca di capire cosa e come la mente umana conosce. Vengono posti anzitutto 3 presupposti metafisici: 1. l’uomo è un modo finito ed è altro da Dio, quindi non ha le caratteristiche della Sostanza divina (infinità, esistenza necessaria, eternità) e partecipa solo di Pensiero ed Estensione degli infiniti attributi di Dio; 2. gli attributi di Pensiero ed Estensione esprimono la Sostanza in due modi diversi, corrispondendosi senza causalità reciproca: lo stesso vale per i modi che discendono da questi attributi, ossia rispettivamente Mente e Corpo, che si corrispondono senza causalità reciproca (parallelismo spinoziano); 3. ogni modo finito esiste sia nella dimensione temporale della durata, sia nell’ordine eterno della Sostanza.
La mente : La mente è definita come un “modo finito” dell’attributo Pensiero. Dato che esiste una corrispondenza reciproca tra gli attributi “Pensiero” ed “Estensione”, anche tra i modi “mente” e “corpo” esiste tale corrispondenza e ordine, tanto che la mente può essere definita “idea del corpo”. A una mente corrisponde un solo corpo e viceversa.
Il corpo: Il “corpo” è definito come un “modo finito” dell’attributo “Estensione”. Tutti i corpi sono soggetti al movimento e alla quiete. Secondo Spinoza ogni corpo ha una mente, anche i sassi, gli alberi, ecc. Ciò che diversifica e rende superiore la mente umana da quella di un sasso è una maggiore “complessità” dell’organizzazione corporea e delle capacità conoscitive.
I tre generi di conoscenza 1 genere: conoscenza universale immaginativa. Si tratta della percezione sensibile e dell’immaginazione, tramite cui la mente coglie la realtà in modo “inadeguato”, ossia percependola senza poterne capire realmente la struttura e le cause. A questo grado di conoscenza si hanno idee “oscure e confuse” (come l’idea universale di “uomo”: è una generalizzazione di tanti casi diversi, senza che però riesca a definirne oggettivamente la natura). 2 genere: conoscenza universale adeguata della ragione. Si tratta di una conoscenza che proviene dalla ragione, che opera tramite “idee adeguate” universali, che riproducono le caratteristiche strutturali delle cose (come estensione, movimento, quiete). Questo tipo di conoscenza connette le cose tra loro, considerandole nei loro rapporti di causa-effetto e nel loro ordine necessario.
3 grado di conoscenza: scienza intuitiva. È un tipo di conoscenza che si fonda sull’intelletto, e che permette di cogliere intuitivamente la realtà dal punto di vista della Sostanza-Dio: tutto scaturisce da Dio, tutto è in Dio e Dio è in tutto. All’intelletto, diversamente dall’immaginazione che coglie il mondo come un universo molteplice, contingente e temporale, il mondo si configura come qualcosa di unitario, in quanto la molteplicità è solo l’insieme dei modi di essere dell’unica Sostanza.
Etica, parte III: Natura e origine degli affetti Spinoza studia la vita emotiva sulla base di un presupposto egoistico: gli esseri viventi sono mossi per natura dal desiderio di conservarsi in vita e di aumentare la propria potenza (il “conatus”). Questo è ciò che sta a fondamento di tutta la vita emotiva dell’uomo e dei viventi. Quando lo sforzo di autoconservazione si riferisce solo alla mente prende il nome di “volontà”; quando tale sforzo si riferisce alla mente congiunta al corpo, si chiama “appetito”. Nel considerare un affetto, Spinoza sostiene che esso può essere una “passione”, se non se ne conoscono le cause e lo si subisce passivamente, oppure “azione”, quando lo si ricerca attivamente, riconoscendo la necessità della sua causa.
Gli affetti primitivi e gli affetti secondari Spinoza delinea tre affetti “primitivi”, dai quali tutti gli altri derivano. Essi sono: 1. cupidità o desiderio: è il sentimento che si prova quando si è consapevoli del proprio appetito. 2. gioia o letizia: è il sentimento della crescita della capacità vitale del corpo e della mente. 3. tristezza: è il sentimento della diminuzione della suddetta capacità vitale. Dalla gioia e dalla tristezza derivano tutti gli altri affetti secondari. In particolare: si generano amore ed odio ogni qualvolta che gioia e tristezza sono accompagnate da una causa esterna che le produce. Dagli affetti primari derivano anche il bene, ciò che giova all’autoconservazione, e il male, ciò che la ostacola.
Etica, parte V: La potenza dell’intelletto ossia la libertà umana Spinoza espone qui la sua teoria conclusiva dell’Etica: per conquistare la libertà e la beatitudine l’uomo deve dominare le sue passioni tramite la ragione, acquisendo una condizione uguale a quella di Dio. Libertà: consiste nella possibilità di esercitare il potere della ragione sugli affetti, ponendosi come soggetto attivo e non puramente passivo. Schiavitù: consiste nell’impotenza dell’uomo a moderare e a reprimere gli affetti.
Rimedi per il controllo delle passioni: Conoscenza delle passioni: aiuta a non subirle passivamente, ragionando piuttosto sulla loro natura e sul loro “funzionamento”. Meditare e applicare continuamente un retto metodo di vita: in questo modo, nelle situazioni che scatenano passioni, si è più padroni di se stessi ricorrendo alle norme che, per abitudine ed esercizio quotidiano, si sono acquisite a norma di vita retta. Distribuire la causa delle passioni su più agenti: questo affievolisce la passione, che è più intensa quando si dirige su una sola causa. Conoscenza adeguata di terzo genere: questo tipo di conoscenza (di idee adeguate) comporta sempre un sentimento di gioia e di amore (rivolto verso Dio, che viene riconosciuto in tutto l’ordine universale) e di conseguenza questi affetti positivi salvaguardano l’uomo dal potere delle
La mente senza relazione al corpo Spinoza considera infine la mente “senza relazione al corpo”. Essa, come ogni modo finito, esiste sia nella dimensione temporale della durata, sia in quella eterna di Dio. Spinoza sostiene che sensibilità, memoria e immaginazione sono le facoltà della mente che riflettono la durata e la temporalità, facoltà che si perderanno alla morte. Invece ragione e intelletto sono il risvolto mentale della dimensione eterna: è proprio grazie alla parte “eterna” della mente che l’uomo raggiunge la beatitudine. (Attenzione: questo non significa che per Spinoza esista un’ “anima” che sopravvive alla morte o che la parte eterna di mente sopravviva al corpo, semplicemente questa si colloca al di là della temporalità).
L’esperienza dell’eternità Questa dimensione “eterna” della mente si “attiva” nel momento in cui l’uomo, tramite l’esercizio di ragione e intelletto, raggiunge le idee adeguate, idee che sono indipendenti dallo scorrere temporale e che dunque ci rivelano la stabilità atemporale dell’ordine eterno della Sostanza-Dio. Chi ha conoscenze eterne-adeguate, conosce quindi la dimensione del divino: tanto più la mente conosce le cose in questo modo, quanto più essa è beata. Quindi chi cerca di controllare le passioni incrementando la propria conoscenza di idee eterne, trova la via per la beatitudine.
L’esperienza dell’eternità: “Quante più cose la mente conosce con il secondo e il terzo genere di conoscenza, tanto maggiore è la parte di essa che rimane illesa”: questo significa che la mente “conquista” una dimensione di eternità se e solo se esercita il secondo e il terzo genere di conoscenza: una volta che la mente ha colto idee adeguate, si trova a vivere “fuori dal tempo” e vi resterà in una condizione di eternità. Ma se questa mente non verrà mai a contatto con idee adeguate e quindi con l’ordine eterno divino, non “renderà eterna” nessuna parte di se stessa.
L’amore intellettuale e la beatitudine Alla conoscenza eterna corrisponde un’emozione eterna, l’amore intellettuale di Dio, ossia quella beatitudine che nasce dalla conoscenza di quell’ordine necessario che è la stessa Sostanza-Dio. La gioia provata nell’amore intellettuale non indica un “passaggio” da una perfezione minore a una maggiore, ma indica il possesso della perfezione somma, ecco perché ad essa corrisponde la beatitudine. Quest’amore intellettuale rappresenta il grado più alto dell’ascesi etica dell’uomo, è la massima “virtù” della mente, la sua prova di maggiore autonomia e libertà, e quella accompagnata dalla maggiore beatitudine.
Conclusione: tutti gli uomini possono aspirare all’eternità e alla beatitudine, ma queste sono mete che solo pochi potranno conseguire: il loro raggiungimento sarà riservato a chi intraprende fino in fondo la via della riflessione filosofica. Scrive Spinoza: “L’ignorante ( ) oltre ad essere sballottato qua e là in molti modi dalle cause esterne, e senza conquistare mai una vera soddisfazione dell’animo, vive quasi inconsapevole di sé e di Dio e delle cose, e appena cessa di patire, cessa pure di esistere. Il Sapiente, invece, ( ) essendo consapevole di sé e di Dio e delle cose per una certa eterna necessità, non cessa mai di essere, ma possiede sempre la vera soddisfazione dell’animo. Se, ora, la via che ho mostrato condurre a questa meta, sembra difficilissima, tuttavia essa può essere trovata. ( ) Tutte le cose sublimi sono tanto difficili quanto rare”.